San Berillo web serie doc 1° serie

Le puntante di San Berillo web serie 1° serie

San Berillo è un quartiere assai fatiscente dopo un’operazione edilizia (sventramento del quartiere San Berillo) avvenuta a partire dal 1957 nel centro storico di Catania. Nino Puglisi è tra gli ultimi artigiani rimasti a lavorare nella zona e fa ancora il falegname. La Prof.ssa Piera Busacca, ex-docente di Tecnica Urbanistica presso l’Università di Catania, spiega come il quartiere fosse abitato non solo da ceti popolari ma anche dalla borghesia, almeno fino a tutto l’800. A fare da cicerone tra le vie del quartiere è il signor Grasso, il quale lo ha frequentato sin da quando aveva 9 anni. In una passeggiata ricorda esattamente le attività che c’erano a San Berillo una volta: botteghe, piccole fabbriche, e le case di tolleranza, ma adesso il quartiere si è trasformato…

Catania ha ancora un’importante ferita nel suo centro storico. All’inizio degli anni 50 si decide di sventrare e demolire un’area di 240.000 mq e ricostruirla con palazzi moderni che possano essere le sedi di istituti bancari e società di assicurazioni. Si tratta dell’antico quartiere di San Berillo, che era nato nel corso del 700 come quartiere popolare e si presenta allora come un rione malfamato, povero e dalle scarse condizioni igieniche. L’ISTICA (Istituto Immobiliare di Catania) è la società a cui viene affidata quest’operazione e avvia i lavori per il “risanamento del quartiere San Berillo” nel 1957. Il Piano presentato prevede la costruzione di un grande viale che possa connettere Piazza Stesicoro, cuore pulsante della città, alla Piazza Giovanni XXIII dove sorge la Stazione Centrale di Catania. A distanza di 60 anni dall’avvio dei lavori per realizzare il viale moderno, degno di una city, la zona si presenta con strutture incompiute e buche nel terreno scavate per accogliere le fondamenta dei palazzi. I lavori vengono interrotti alla metà degli anni 60 quando non essendo giunti a conclusione entro i termini previsti dall’accordo (1964), la Regione Sicilia propone un nuovo Piano che si adegui alle norme del nuovo Piano Regolatore della Città (1969) e possa accelerare la creazione del nuovo spazio urbano. Negli stessi anni l’Ing. Giuseppe Mignemi viene incaricato dal comune di Catania di collaudare alcuni edifici del piano ISTICA. Durante il suo accertamento si rende conto che è prevista l’edificazione di 2.200.000 mc a fronte di 1.800.000 mc stabiliti dalla concessione e il comune di Catania ha concesso 3 miliardi di lire all’ISTICA ingiustificatamente. Scoppia allora lo “Scandalo Istica”, l’On.Salvo Rindone parla addirittura della “più grande speculazione edilizia del dopoguerra in Italia”. In quello stesso decennio si assiste a un altro importante fenomeno, la nascita delle periferie. I proprietari espropriati vengono trasferiti a Nesima, a circa 20 minuti dal centro cittadino, dove case “linde” e “ariose” li attendono, ma quest’operazione apre a nuovi problemi sociali come racconta l’attore e drammaturgo catanese Turi Zinna nella sua “Ballata per San Berillo”.

Le puntate 3 e 4 sono dedicate al tema della prostituzione a San Berillo. In questo episodio conosciamo alcune delle ragazze che operano nel quartiere e che Angelo Scandurra, editore e poeta catanese, definisce come “Fate”. Patrizia Testaì fa chiarezza su alcuni aspetti della Legge Merlin, l’attuale legge sulla prostituzione, che fu attuata nel 1958 per porre fine a un sistema di sfruttamento in un contesto sociale che voleva salvaguardare una visione moralistica della donna intesa come rappresentante del focolare domestico. Questa normativa, che è ancora in vigore, nonostante non consideri un crimine la prostituzione (solo lo sfruttamento e il favoreggiamento sono reati) di fatto non garantisce nessun diritto alle prostitute. Franchina, Ambra, Ornella sono alcune delle ragazze che si concedono a pagamento nel quartiere e ci raccontano quali siano le difficoltà che affrontano anche nel trovare un altro lavoro. Le mettiamo in contatto con Angelo Villari, l’Assessore alle politiche sociali di Catania. Tra le politiche messe in atto dall’Amministrazione c’è il SIL (Servizio di Integrazione Lavorativo) che incoraggia le aziende ad assumere “soggetti svantaggiati” dedicando l’1% dei nuovi appalti del Comune alle cooperative di tipo B, ossia quelle che hanno in organico almeno il 30% di soggetti svantaggiati. Può rappresentare una proposta efficace dal momento che non è dedicata espressamente alla prostituzione? Le prostitute per accedervi devono essere dei soggetti svantaggiati e non sempre rientrano in questa categoria. Tra le ragazze emerge che l’accezione negativa e l’associazione che spesso ci conduce a considerare la prostituta come “povera vittima” o “criminale” non favoriscono una riflessione su alternative o possibilità concrete riguardo questa professione. Quella di San Berillo è una situazione specifica perchè una larga componente delle prostitute che operano in questo quartiere è formata da travestiti o transessuali, aspetto a cui è dedicata la puntata successiva.

Nel 4° episodio conosciamo Fabio, in arte Ornella, che ha deciso di trasformarsi in donna e ci racconta di come il bisogno dei soldi l’ha indirizzata a prostituirsi. Insieme a Franchina, travestito che si prostituisce a San Berillo da oltre vent’anni, si parla di sessualità e orientamento sessuale. Le trans e i travestiti sono una delle componenti principali del quartiere, spesso provengono da situazioni di disagio quali omofobia in famiglia, discriminazione a lavoro e necessità di guadagnarsi da vivere. Il quartiere è diventato nel tempo un punto di riferimento per quanti decidono di intraprendere il cambio di sesso, spesso in maniera troppo facile si riescono ad ottenere ormoni o altre sostanze che possono portare a squilibri psicofisici anche gravi. Un medico volontario della LILA Catania ci parla dei servizi che l’associazione propone all’interno del quartiere, dall’assistenza medica alla prevenzione contro l’AIDS. E ancora ci si domanda come portare avanti delle politiche sociali che possano supportare le cittadine catanesi che si prostituiscono a San Berillo?

Negli episodi 5 e 6 si parlerà di immigrazione. A raccontarci la vita nel quartiere saranno i membri della comunità senegalese, una comunità coesa e stabile presente a San Berillo fin dal 1987 e quindi ormai protagonista, insieme agli altri abitanti, di alcuni cambiamenti passati e in atto nel quartiere. In questo episodio ad introdurci al tema sono le voci genuine dei bambini. Per loro, di origini straniere, ma nati a Catania, è chiaro: “i senegalesi si trovano qui perché è qui che vogliono stare!”. Per gli adulti la situazione è più articolata. Seka è un lavoratore ambulante del vicino mercato, la fiera, Demba un abile carrozziere. Ci raccontano la loro esperienza di migranti che, come spesso accade, arrivano in Italia non per una scelta consapevole. Nonostante le difficoltà, spesso legate alla clandestinità, trovano a San berillo una nuova casa. Sono loro a testimoniare come anche chi parte da situazioni svantaggiate, può continuare a riporre fiducia nel futuro e a credere che il mix tra culture sia una possibilità e una ricchezza per tutti. San Berillo può essere un laboratorio di intercultura, anche se i problemi e le divergenze non mancano e, come testimoniano altri abitanti, una così massiccia presenza di stranieri spesso non è accettata ed è piuttosto considerata uno degli ostacoli alla riqualificazione del quartiere. Interviene anche Angelo Villari, assessore alle politiche sociali del comune di Catania, che ricorda il grande sforzo di Catania nei confronti dei continui arrivi di migranti. Tuttavia non emergono programmi specifici per far fronte alla situazione di San berillo. In più i fondi insufficienti determinano la delega di molti servizi alle organizzazioni di volontariato.

Nel 6° episodio, Demba, che abbiamo già conosciuto, introduce al tema dello spazio. Ci parla di un’ “Africa dentro la Sicilia”. Ma è davvero così semplice come può apparire al turista di passaggio? La pensano tutti allo stesso modo? Come userebbero gli spazi gli altri abitanti? Gli stessi spazi possono essere sufficienti ed adeguati ad accogliere la comunità senegalese? E’ possibile e come una convivenza con gli altri abitanti? Sylla, vicepresidente dell’associazione dei senegalesi, accenna alla storia della comunità residente a San Berillo, che si trova a fare i conti con spazi limitati e spesso inadatti. Nonostante le case a rischio di crollo e gli affitti non proprio bassi, Seka, come altri membri della comunità che lavorano per lo più nel vicino mercato, ci spiega che non andrebbe ad abitare altrove. La spesa è gestita aumentando il numero di abitanti per alloggio e la soliderietà e l’accoglienza tra migranti favorisce la permanenza nel quartiere. L’avvocato Linda Cannilla, che lavora a San Berillo ed è specializzata in diritti umani, ricorda l’affollamento di alcuni luoghi. La comunità senegalese è percepita come stabile anche dagli italiani. Tuttavia emerge l’idea del ghetto. Altri cittadini considerati ai margini lo popolano, in particolare le prostitute e i trans. La convivenza non sempre è facile, come testimonia un episodio spiacevole che ci racconta lo stesso Roberto Ferlito del comitato di quartiere. I contrasti non mancano anche con gli altri abitanti, come appare evidente dalle loro testimonianze e dai racconti degli stessi senegalesi. Forse alcuni di questi problemi potrebbero essere mitigati da un ripensamento dello spazio di San Berillo. Le suggestioni che emergono sono diverse: la creazione di spazi commerciali, di lavoro, spazi per i bambini. E’ a questi ultimi che si riferisce l’assessore Villari, interpellato sul futuro del quartiere. Auspica un luogo di intercultura che non sia “ghetto”, perchè il ghetto non lo si vuole fare. In questo processo ribadisce l’importanza dell’educazione dei bambini e della conoscenza reciproca tra italiani e immigrati. Specifica però che il tutto dovrebbe avvenire in contesti in cui lo scambio culturale non sia tra le “aree del disagio”. Per le vie del quartiere intanto Giovannino insegna qualche parola di italiano e di catanese ai ragazzi immigrati che lo tengono d’occhio mentre il padre lavora (e che come loro soffre la precarietà e la mancanza di lavoro), e Demba, intento a riparare “alla senegalese” il paraurti di una signora di fuori quartiere, sorride al pensiero di alcune scaramucce e ci saluta con la semplice osservazione che, in fondo, “tutto il mondo è paese”.

Chi possiede una casa a San Berillo? In questo episodio incontriamo alcuni proprietari che ci raccontano le storie dei loro immobili: Matilde Russo è stata costretta a murare l’accesso al proprio palazzetto pericolante in seguito a continue occupazioni; Michela Gecele, psicoterapeuta torinese, trae ispirazione dalla casa che ha acquistato all’interno del quartiere per scrivere una serie di gialli ambientati tra Catania e Berlino. Carmelo Rotante possiede un garage e ci parla anche degli immobili limitrofi, dell’anima delle cose antiche lasciate all’incuria. Proprio questo sembra essere il nodo centrale della questione sugli immobili a San Berillo: il degrado causato dall’abbandono e il suo rapporto con l’Amministrazione. Molti proprietari non trovano ragioni sufficienti per ristrutturare i propri beni, che nel frattempo rischiano anche di essere occupati dalle persone che non possono permettersi un affitto. Ci sono anche casi in cui gli immobili pericolanti vengono dati in locazione agli immigrati. E la Pubblica Amministrazione non interviene, anzi, sembra proprio aspettare che i palazzi crollino: è il caso di Via Caramba, dove nel 2015 si è verificato uno dei crolli più gravi degli ultimi tempi. Il Comune possiede un palazzo proprio lì. Grazie ai nostri interlocutori si fanno strada sempre di più le domande e le ipotesi sul futuro urbanistico di San Berillo e sul ruolo fondamentale che hanno i desideri degli attuali abitanti in una tale questione.

Non sono pochi gli scrittori che hanno attraversato San Berillo e si sono lasciati ispirare dalla sua storia. In questo episodio ci accompagnano cinque penne che hanno evocato e continuano ad evocare immagini profonde e ricche di spunti di riflessione, capitanate da Goliarda Sapienza (1924 – 1996, nata e cresciuta nel vecchio quartiere). Ripercorriamo temi come lo sventramento, l’idillio dei vicoli che lo ha preceduto, l’omosessualità e la transessualità da un punto di vista sociale. Gli scrittori e le scrittrici ci spiegano anche perché hanno iniziato a scrivere di San Berillo. Cosa li accomuna tutti? Il senso del vuoto, forse, l’esigenza di rievocare – chi con nostalgia, chi con indignazione – quello che c’era e il modo in cui è stato cancellato, il desiderio di render nota la propria opinione sul presente e sul futuro, la voglia di raccontarsi. E naturalmente la verità che si cela sempre dietro queste storie. Amara e contorta nella maggior parte dei casi, è proprio lei che ci intriga e ci appassiona.

Dopo i crolli del 2015 nel quartiere di San Berillo le porte degli edifici sono state murate per impedire nuove occupazioni nei palazzi da parte di senza tetto o prostitute. Il collettivo “Res Publica Temporanea” ha ideato un intervento di street art per denunciare la situazione del quartiere e forzare le porte attraverso il colore. In maniera indipendente sono stati realizzati sulle porte murate diversi disegni, anche con il consenso degli abitanti, i quali hanno cominciato ad interagire con gli artisti. Il progetto di Res publica è stato chiamato Red Line Distreet e sono stati invitati anche artisti che non fanno parte del collettivo ma che hanno condiviso l’intento del progetto e hanno messo a disposizione la loro creatività e i loro colori per dipingere il quartiere. Marco Guè ha realizzato un intervento di Arte Urbana in accordo con il comune di Catania e l’Accademia di Belle Arti. L’intervento di Guè si concentra sulle pareti dell’ex Piazzetta delle Belle, ora Piazza Goliarda Sapienza. I suoi disegni sono ispirati alle atmosfere del quartiere che cerca di rievocare attraverso degli elementi stilizzati. Dopo l’intervento artistico di Guè nella piazza sono nati nuovi locali, diventando un punto di ritrovo della movida catanese. Alcuni cittadini ritengono che questo tentativo da parte dell’amministrazione di riqualificare attraverso l’arte urbana abbia leso l’identità storica di quella parte del quartiere. Alla chiusura di questa stagione resta nell’aria un interrogativo, come facciamo a occuparci del quartiere di San Berillo senza sfrattare gli abitanti di San Berillo?